La linea Gustav

LA VALLE DEL SANGRO  

Nell'autunno del 1943 la guerra giunse nella valle del Sangro dal Molise dove i tedeschi, sul Trigno, avevano contrastato più duramente l'avanzata alleata. Una resistenza per poter allestire, intanto, un'efficiente linea di difesa invernale dall'Adriatico al Tirreno passante sui massicci del chietino, dell'aquilano (Altopiano e Parco) e del Molise (Mainarde) e, più a Sud, sui rilievi del cassinate. La Linea Gustav, studiata in loco dallo stesso Kesselring, i cui punti fermi avanzati dovevano essere costituiti dai fiumi Sangro, Aventino, Volturno e Garigliano. Gli alleati arrivarono in prossimità della foce all'inizio di novembre mediante la statale N.16 Adriatica che da Vasto a S.Vito Chietino, con continui saliscendi, passava per i centri abitati di Casalbordino, Torino di Sangro e Rocca S.Giovanni (il corrispondente tratto litoraneo venne realizzato nei primi Anni '50). Le altre strade di accesso esistenti più a monte vennero difese per tutto il mese di novembre, dopo di che gli alleati poterono prendere possesso di tutta la valle del Sangro fatta eccezione del tratto di sponda sinistra corrente da Alfedena a Civitaluparella. Si trattava delle traverse (Castiglione Messer Marino - Perano, Agnone - Pescopennataro - Sant'Angelo del Pesco e Vastogirardi - S.Pietro Avellana) che dalla statale N.86 Istonia (Staffoli - Agnone - San Savo) scendevano alla provinciale Sangritana (Castel di Sangro - Scalo di Torino di Sangro), la quale solcava la valle quasi tutta in sponda destra.  Un sistema stradale antiquato e tormentato, di cui solo l'Adriatica era asfaltata, che però permise all'8^ Armata diavvicinarsi, ai primi di novembre, alla valle. L'obiettivo principale era quello di attraversare il Sangro nei pressi della foce, utilizzando, oltre al ponte della statale, anche quello della provinciale per Lanciano all'altezza di Mozzagrogna, il quale apriva anche la strada per Castelfrentano e Casoli.

La loro conquista diede luogo alla prima grande battaglia combattuta sul suolo italiano, svoltasi tra la prima e la seconda decade del mese. Gli alleati riuscirono a sfondare, ma, con la presa di Ortona, alla fine del mese successivo, dovettero arrestarsi perché i tedeschi erano riusciti nell'intento di attestarsi bene sulle nuove difese predisposte lungo la direttrice Orsogna - Guardiagrele. I tedeschi si ritirarono nella parte medio-alta della valle del Sangro, tagliandosi dietro tutti i ponti, dove fecero terra bruciata dei centri abitati ricadenti sulla sponda destra da Monteferrante ad Alfedena. Alla fine di novembre abbandonarono l'intero versante mantenendo, in quello opposto, il possesso del territorio a partire da Civitaluparella, con una divaricazione verso Nord, fino a chiudere sulla Valle dell'Aventino, distruggendo tutto sistematicamente. I comuni rivieraschi distrutti furono: Monteferrante, Roio del Sangro, Rosello con la frazione Giuliopoli, Borrello, Pescopennataro, Sant'Angelo del Pesco, Capracotta, Castel del Giudice, S.Pietro Avellana, Castel di Sangro e Alfedena, in sponda destra, e, in sinistra scendendo, Scontrone, Roccacinquemiglia (fraz.di Castel di S.), Roccaraso e frazione Pietransieri, Ateleta, Pizzoferrato, Quadri e Civitaluparella. In questa zona del fronte durante l'inverno 1943-44 si ebbero solo scontri di pattuglie e un'azione di rilievo il 2-3 febbraio: lo sfortunato assalto a Pizzoferrato, sostenuto da 29 fanti britannici e 60 patrioti della Banda Maiella. Fallì per la fretta del maggiore inglese Lionel Wigram, il quale non volle attendere una colonna di rinforzo di paracadutisti del nostro ricostituito Esercito, per le informazioni sommarie sulla dislocazione dei tedeschi e per il cattivo tempo. Attorno a villa Casati si accese una cruenta battaglia che si concluse con un tragico bilancio: la morte di 2 inglesi, tra i quali il comandante Wigram, e di 10 patrioti (due dei quali in prigionia); 7 feriti (1 britannico) e 34 prigionieri (22 britannici), mentre i tedeschi persero 20 uomini e 3 prigionieri. Comunque abbandonarono il paese, in cui si insediarono partigiani locali al comando del maggiore D'Aloisio, e si ritirarono a Gamberale.

Sulla battaglia del Sangro e sulla guerra in Abruzzo è stato scritto esaurientemente da Costantino Felice: (a cura di) "La guerra sul Sangro: eserciti e popolazioni in Abruzzo 1943-44". Atti del convegno internazionale di studi, Atessa - aprile 1990) e da Giovanni Artese in "La guerra in Abruzzo e Molise, 1943-1944".

La visita ai luoghi della guerra nella Valle del Sangro non può che iniziare dal Cimitero Canadese a S.Donato di Ortona e da quello Britannico a Torino di Sangro dove sono raccolti i Caduti degli Stati del Commonwealth. Da qui risalendo la vecchia fondovalle si incontrano i due ponti intorno ai quali infuriò la battaglia, il più importante quello di "zà Menga" dell'originaria Adriatica, che si rese famoso in seguito per gli assalti ai camion da parte della malavita.

Non si può trascurare la realtà di questa prima parte della vallata in cui i terreni irrigui degli immensi frutteti, degli orti e delle colture specializzate, sono stati ceduti per gli insediamenti dell'importante polo industriale, aggregatosi attorno alla Sevel ed alla Onda, vero fiore all'occhiello della Provincia di Chieti. Altrove, il sacrificio di analoga buona terra non ha prodotto frutti per l'occupazione, bensì solo per i realizzatori di quegli antipatici scatoloni di cemento. Di qui è bene proseguire con la strada a scorrimento veloce fino a Bomba dove inizia il lago del Sangro formato dalle acque restituite dalla centrale Enel di Villa S.Maria costruita nell'immediato dopoguerra dalla SME. E' un'opera molto importante con i suoi 15 Km di galleria ed un salto verticale, nella roccia, di oltre 300 metri e costituisce il 3°salto, l'unico dei quattro che la Società doveva realizzare sul Sangro. La grande opera idroelettrica, comprendente anche il lago moderatore di portata di Barrea, fu un sollievo per l'ingente numero di lavoratori occupati che dettero, nel contempo, impulso alla ricostruzione. L'ACEA negli anni successivi ne ricaptò l'acqua mediante uno sbarramento in terra battuta alto 70 metri, contenente 90 milioni di mc., opere che collocano il bacino tra i più importanti d'Europa. L'acqua viene convogliata verso Altino dove si confonde con quella dell'Aventino, proveniente da altro lago artificiale a monte di Casoli, dando vita alla centrale di Selva di Altino.

Proseguendo, dall'alto del viadotto "mostruoso" si scorge Villa S:Maria famosa per la roccia che la sovrasta e l'arte culinaria. Dopo qualche chilometro, alla stazione di Civitaluparella-Fallo, si interrompe il percorso della superstrada, che riprende dopo circa 15 chilometri alla stazione di Sant'Angelo del Pesco-Gamberale. Ma l'approvazione del progetto di saldatura dei due tronconi, che dimezzerebbe la distanza attuale, sta diventando una favola per la difesa di un ambiente compromesso al punto che di più non potrebbero le opere previste. Sono già passati oltre 30 anni dalla posa della prima pietra dell'arteria! Lì, dove la valle diventa angusta - appena lo spazio per il fiume, la strada e la ferrovia - si rientra nel territorio della guerra, quello della terra bruciata descritto avanti. Ma è bene lasciare la valle un pò prima deviando per Giuliopoli, Rosello e per ridiscendervi dopo Borrello. Il paesaggio è sempre bellissimo, ma i centri abitati, dopo 50 anni, sono cambiati per la manomissione dei centri urbani. L'Abetina di Rosello e qualche chilometro più a valle le Cascate del Verde, in territorio di Borrello, costituiscono oasi protette del WWF. Le fresche e pescose acque del torrente, dopo un percorso pianeggiante, raggiungono, mediante tre meravigliose cascate, tra orridi maestosi ed una superba vegetazione, il Sangro che scorre ad una quota di circa 400 metri più bassa. Borrello, situato su un altopiano che lo differenzia dagli altri paesi di montagna, presenta vivi, nel suo centro storico, i segni della distruzione. E' la parte al di là del palazzo municipale, il Mastio dei Borrello, la celebre bellicosa Famiglia che affonda le proprie radici nei primi anni del Millennio. Gli ampi spazi adibiti a verde pubblico, tra strade ordinate, costituiscono la pietosa coltre che ricopre i ruderi di centinaia di case distrutte ed anche i resti di alcuni vecchi soli sorpresi nel sonno. E' il luogo dove la mattina del 9 novembre 1943 i guastatori iniziarono l'orrenda e meticolosa opera di devastazione del paese proseguita per 16 interminabili giorni di sofferenze e di dolore. Attorno alla Chiesa Madre, che ebbe anch'essa la sua parte, sono state ricostruite solo poche case. I tragici avvenimenti sono stati descritti da Riccardo D'Auro in "IX NOVEMBRE 1943 LA DISTRUZIONE DI BORRELLO" e da Pietro Di Luca in "LA GUERRA SU BORRELLO 1943-1944".

Ritornati sulla Sangritana, con direzione Quadri, appena l'attraversamento del ponte sul Sangro, l'ultimo che fecero saltare nella notte del 25 novembre, si devia per Pizzoferrato e Gamberale da dove è possibile raggiungere la Valle dell'Aventino. La piazza di Pizzo è sovrastata dal massiccio roccioso su cui si svolse lo scontro già descritto, diventato luogo di raccoglimento e della rimembraza.

GUARDIAGRELE

Dal belvedere in prossimità del Duomo si scopre il territorio interessato dalla linea di difesa tedesca in direzione di Orsogna ed Ortona, impostata sulle vallette laterali alla dorsale costituenti l'avancorpo della parte più importante approntata nella Val di Foro. I vari tentativi di penetrazione dei canadesi, specialmente sulla costa, furono ben contrastati e quindi, sull'intero fronte abruzzese, non restò che attendere la primavera o l'auspicato successo nell'estremo Sud della Linea dove, intanto, era stata costituita, a seguito di uno sbarco, la testa di ponte di Anzio. La conquista della via per Roma avrebbe causato l'automatica liberazione dell'Abruzzo. E' d'obbligo fare un riferimento alla Rivolta di Lanciano di ottobre del 1943 e allo sfollamento a Chieti delle popolazioni che erano state evacuate dai paesi distrutti a ridosso della linea stessa.

Si prosegue per la località Bocca di Valle, dove, ricavato nella roccia della "Maiella Madre" trovasi il Sacrario dedicato ai Caduti d'Abruzzo della Guerra Mondiale, in cui simbolicamente sono rappresentati dalle Spoglie del Ten. di vascello Andrea Bafile, pluridecorato, di medaglia d'oro, d'argento e di bronzo al valor militare. Dopo Caporetto, sbarcato, fu destinato al comando di un battaglione di marina sul Piave. Attraversatolo con 4 marinai per compiere una pericolosa ricognizione, al ritorno venne colpito a morte il 12 marzo 1918. Il Sacrario fu ideato dalla Medaglia d'oro Raffaele Paolucci, autore anche della celebre epigrafe scolpita a fronte sulla parete, che il 1° novembre 1918 affondò nel porto di Pola, con Raffaele Rossetti, la Viribus Unitis ammiraglia della flotta austro-ungarica. Conterraneo della vicina Orsogna fu un insigne chirurgo e un emerito rappresentante dell'Abruzzo al Parlamento.

VALLE DELL'AVENTINO

In questo contesto si inserì l'azione della Banda Patrioti della Maiella costituita a Casoli per il fermo volere dell'avv.Ettore Troilo di Torricella Peligna, sostenuto presso il Comando britannico dal citato maggiore Lionel Wigram che credette in lui e nei suoi valligiani. Vi confluirono subito uomini di altre formazioni - Palombaro, Civitella Messer Raimondo, e Gessopalena - che operavano già nella zona ed il suo battesimo di fuoco avvenne il 10 gennaio 1944 nelle campagne di Civitella. Entro la fine del mese furono liberati alcuni comuni, tra i quali Lama e Torricella, che rappresentarono un viatico positivo per combattere coi reparti alleati.

Il trait d'union tra le valli dell'Aventino e del Sangro era costituito dalle due strade: Palena-Montenerodomo-Civitaluparella e, più a monte, Valico della Forchetta-Pizzoferrato. La conquista di quel territorio era tatticamente importante per chiudere i tedeschi tra due fuochi, obiettivo mancato dalla tragica azione di cui si è già parlato. Sebbene sollecitati, non furono autorizzati altri tentativi. La formazione, che intanto si era rafforzata di uomini e di mezzi, rimase a presidio della zona dell'Aventino impegnado di continuo i tedeschi con pattugliamenti e scontri che si acuirono alla fine di maggio con l'inizio della ritirata. Li inseguì attraverso il Guado di Coccia liberando prima Sulmona e poi L'Aquila fino a raggiungere le Marche, dove assunse la forza e le qualità di un Gruppo di combattimento aggregato al 2° Corpo Polacco del Gen.Anders. Inquadrato regolarmente nell'8^ Armata e raggiunto un organico di 1326 unità, combattè valorosamente sulla Linea Gotica entrando con le prime truppe a Bologna e inseguendo il nemico fino alla conclusione della Campagna d'Italia. Le gesta gloriose, i 55 Caduti, i 151 feriti e le 202 decorazioni al merito dànno la dimensione del valore e del sacrificio di quegli uomini che, prese le armi per liberare la propria terra dall'invasore, anzicchè farvi subito ritorno per dedicarsi alla ricostruzione, vollero dare il loro disinteressato contributo per la liberazione totale della Patria.

La Brigata Maiella, come alla fine venne chiamata, fu sciolta il 15 luglio 1945 in un tripudio di folla festante e nello stesso tempo commossa, un atto di affettuosa riconoscenza a uomini semplici, venuti da una terra martirizzata, che avevano sparso sangue per la loro liberazione. Onore alla Bandiera ed al valore da parte della rappresentanza dei migliori Reggimenti inglesi dell' Armata, discorsi di politici e di generali, il più toccante quello del Comandante Ten. Col. Ettore Troilo, e, infine la sfilata, guidata dal V. Comandante Magg. Domenico Troilo, in un uragano di applausi.

A Torricella Peligna fu istituito un Ufficio studi, connesso con il Ministero della Post Bellica, diretto dall'Aiutante Maggiore Dott. Vittorio Travaglini, che dette aiuto alle popolazioni sinistrate, collocando molti ragazzi indigenti presso famiglie marchigiane offertesi in segno di riconoscenza per gli eroici combattenti d'Abruzzo. L'avv.Troilo dovette, incredibilmente, brigare fino all'11 febbraio 1964 per far ottenere la Medaglia d'Oro al valor militare alla Bandiera della Maiella! Gli eroici Caduti riposano idealmente riuniti in un Sacrario costruito ai piedi del Massiccio, di fronte alla loro Terra, a Taranta Peligna.

Dopo la visita si prosegue per il

VALICO DELLA FORCHETTA E PIETRANSIERI

Poco prima della Forchetta di Palena, come il Valico è comunemente chiamato, si diparte la strada, per Pizzoferrato e Gamberale di accesso alla valle del Sangro e proseguendo si giunge sugli Altipiani. Con l'abbandono del versante destro, a fine novembre, il mantenimento di tutto il territorio fu di competenza della 1^ Divisione Paracadutisti, una delle unità più valorose della Wehrmacht. A Pietransieri e nella sua località Limmari, frazione di Roccaraso, sulla sponda del Sangro, in prima linea, era schierato il 1° Reggimento. Dopo la metà di quel terribile mese iniziarono a distruggere sistematicamente anche i paesi di questa sponda obbligando contestualmente le popolazioni a sfollare verso le retrovie. Ubbidirono in pochi e a Limmari, il 23 novembre, cinque tedeschi, senza alcuna giustificazione, falciarono con le armi automatiche 124 persone, tra le quali donne e bambini, che avevano fatto ammassare in una radura . Un efferato eccidio, un crimine contro l'umanità, al quale scampò solo una bambina, Virginia Macerelli, che, ferita, era rimasta protetta dal corpo della madre. In seguito venne liberata dalla nonna che aveva avuto la prontezza di defilarsi dal gruppo, gettandosi in un fossato, un momento prima della strage. La povera donna, Laura Calabrese, che tra quegli sfortunati aveva la figlia con sei figlioletti, ascoltò in preda al terrore ed allo strazio quanto di mostruoso stava accadendo, sicuramente maledicendo di esserne uscita viva.

L'orribile sterminio di quelle vittime innocenti rimase impunito. Al Loro sacrificio la Patria ha conferito la Medaglia D'Oro. Sul bieco motivo che scatenò la furia omicida dei carnefici sono state fatte varie ipotesi, la più probabile sembra che sia stata proprio la disobbedienza all'ordine di sfollamento. Una esecuzione al di fuori di ogni regola, forse una punizione emblematica per le popolazioni soggette, che fa tremare ancora oggi quanti, in quel vasto territorio, erano venuti a trovarsi nelle stesse condizioni.

Il viaggio nei luoghi della guerra si conclude ridiscendendo al Sangro per Ateleta da dove si procede fino allo Scalo di Gamberale in cui si interrompe la superstrada. E' quindi giocoforza riprendere la vecchia fondovalle fino ad oltrepassare Quadri..

Della guerra in Abruzzo si è scritto abbastanza, molto meno, però, delle vicissitudini e dei sacrifici affrontati dalle comunità sinistrate. Abbandonate tra le macerie ed i campi minati, facendo di necessità virtù e stringendo i denti, si buttarono con la caparbia tradizionale tenacia, ed anche con rabbia, nella faticosa impresa della sopravvivenza e della ricostruzione. Anni di sudore e di lacrime, ed anche di sangue, per pagare le forti obbligazioni contratte, al cui confronto il risarcimento ricevuto fu irrisorio, soltanto un semplice incentivo. Una disattenzione degli studiosi e soprattutto delle istituzioni che hanno poco dimostrato ai giovani per quali vie si pervenne alla ricostruzione materiale e civile del Paese.

Letto 24371 volte
Altro in questa categoria: « Ritrovati La Guerra »