Spopolamento & Abbandono

 

 

Un articolo apparso su - Chiaro Quotidiano - 

A Vasto e San Salvo oltre il 35% delle case è vuoto, nelle aree interne picchi fino all’83%

 

 

       

Quasi il 40% delle abitazioni non occupato in modo permanente in Abruzzo, cifra più alta di 11 punti rispetto la media nazionale. È il dato che emerge dall’analisi aggiornata al 2021 delle case disabitate su dati Istat da parte della fondazione Openpolis Abruzzo. I numeri, strettamente legati allo spopolamento, rilanciano ancora una volta la necessità di politiche urgenti per le aree interne. È infatti nelle zone lontane dai grandi centri che si registra il maggior numero di case vuote.

La stessa fondazione in un altro precedente studio sull’andamento demografico regionale ha rileva che la popolazione abruzzese dai quasi 1,3 milioni di abitanti attuali potrebbe scendere a meno di un milione entro il 2070: «una tendenza che avrà un impatto territoriale molto differenziato, colpendo soprattutto le aree interne, con effetti sull’assetto economico e sociale della regione che in parte sono visibili già oggi. Uno degli indicatori che mostra più chiaramente questa dinamica è lo spopolamento dei paesi e l’incidenza delle case non abitate».

Oggi ci sono oltre 300mila case non occupate in modo permanente da almeno una persona, e se il tasso percentuale nazionale del 2021 si attesta a un 27,2% di patrimonio immobiliare vuoto (9,6 milioni su 35,3), in Abruzzo tale percentuale sale al 38,7% su un totale di 894.745 case censite: la quarta regione in Italia con l’incidenza maggiore, dietro a Valle d’Aosta (56%), Molise (44,6%) e Calabria (42,2%).
Come spiega la fondazione: «Per abitazioni permanentemente occupate si intendono le case che rappresentano dimora abituale per chi ci vive, ovvero il luogo in cui la persona passa gran parte del suo tempo. Per eseguire questa rilevazione, Istat ha considerato le informazioni presenti nel registro statistico dei luoghi, in particolare nella sua componente relativa agli edifici e alle unità abitative. Una raccolta dati effettuata, nell’ambito del censimento permanente, attraverso l’integrazione delle rilevazioni censuarie con le informazioni di fonte amministrativa, provenienti dalle diverse banche dati in possesso della pubblica amministrazione».

«Questi dati vanno letti con il limite di dover considerare l’incidenza di abitazioni mantenute come seconde case, una dinamica che riguarda soprattutto le aree turistiche. Tuttavia, al netto di questo fenomeno, la disponibilità di abitazioni non occupate a livello comunale rappresenta un indicatore interessante per valutare l’impatto dello spopolamento in alcune aree dell’Abruzzo, soprattutto in quelle periferiche e ultraperiferiche».

 
Comune Abitazioni non occupate Abitazioni occupate Abitazioni totali Percentuale abitazioni non occupate Percentuale abitazioni occupate
Roio del Sangro 303 61 364 83,2 16,8
Schiavi di Abruzzo 1850 439 2290 80,9 19,1
Montelapiano 222 54 276 80,4 19,6
San Giovanni Lipioni 320 87 407 78,6 21,4
Monteferrante 222 63 285 77,9 22,1
Pizzoferrato 1710 501 2210 77,3 22,7
Fallo 255 75 330 77,3 22,7
Rosello 400 118 518 77,2 22,8
Pennadomo 386 128 514 75,1 24,9
Fraine 406 137 543 74,8 25,2
Montebello sul Sangro 138 48 186 74,2 25,8
Pietraferrazzana 164 62 226 72,6 27,4
Colledimacine 276 105 381 72,4 27,6
Gamberale 369 142 511 72,2 27,8
Borrello 364 150 514 70,8 29,2
Bomba 758 339 1.10 69,1 30,9
Dogliola 294 138 432 68,1 31,9
Tufillo 348 170 518 67,2 32,8
Palmoli 750 374 1120 66,7 33,3
Pennapiedimonte 407 203 610 66,7 33,3

Prendendo in esame i capoluoghi di provincia, L’Aquila è il comune in cui ce ne sono di più: 24.055, pari al 43,3% di quelle presenti (qui incide la ricostruzione post-terremoto), seguono Chieti (6.482, il 23%), Pescara (12.623, il 19,2%), e Teramo (5.186, il 18,3%).
La percentuale aumenta man mano che ci si allontana dai centri più grandi (che hanno una media del 26%): quelli della cintura, i cosiddetti “hinterland”, si arriva al 36,2%, nei centri intermedi il 43%. La cifra sale vertiginosamente nelle aree periferiche e in quelle ultraperiferiche, soprattutto nella montagna interna dove il numero di unità vuote supera di gran lunga quelle abitate abitualmente.
I primi dieci comuni per incidenza di abitazioni non occupate da dimoranti abituali in Abruzzo sono tutti montani, di cui 9 nella provincia aquilana. Per fare qualche esempio: Cappadocia (90,2%, corrispondente a 3.541 abitazioni in termini assoluti), Villa Santa Lucia degli Abruzzi (89,8%) e Rivisondoli (88,5%). Le percentuali minori si registrano invece a Spoltore (Pescara, 16,1%), San Giovanni Teatino (Chieti, 15,3%) e Cappelle sul Tavo (Pescara, 15%).

Prendendo in esame la provincia di Chieti (in basso la tabella elaborata da Chiaro Quotidiano) il tasso medio tra i 104 comuni è del 47,59%, ma anche qui si ripropone la grande differenza tra aree costiere e interne. L’incidenza maggiore si registra a Roio del Sangro dove 303 abitazioni su 364 non sono abitate in modo permanente (l’83,20%). Il secondo dato più alto è di Schiavi di Abruzzo con l’80,90% dove, i numeri assoluti rendono il fenomeno ancora più evidente: 1.854 abitazioni vuote su 2.293. Percentuale che supera il 70% anche a San Giovanni Lipioni (78,60%) e Fraine (74,80%).
Per quanto riguarda i centri di riferimento del territorio, a Vasto sono state censite 9.434 case disabitate su 26.864 (35,10%), a San Salvo 4.933 su 12.947 (38,10%). Come nella rilevazione su dati del 2019, nel Vastese il Comune con la percentuale minore si conferma Cupello con il 28,10% (744 unità su 2.651); positivo anche il dato di Roccaspinalveti, rispetto ad altri centri montani simili, con il 37,30% (320 su 857 case).

 

 

Questi numeri, in conclusione, oltre a rappresentare plasticamente il lo spopolamento, si traducono spesso in patrimonio non curato (frequenti i casi soprattutto nei piccoli centri di abitazioni per le quali è difficile anche risalire ai proprietari, tra discendenti ormai emigrati all’estero) che rappresenta un pericolo anche per l’incolumità pubblica (distacchi di intonaci, caduta di tegole e pezzi di balcone fino a veri e propri crolli). Anche per questo sono sempre più urgenti politiche di contrasto a tale fenomeno.

 

 

 

 
 
 
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